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Cosa penso di certe cose

Finte mamme: qualche mito da sfatare.

mammaSe ne sentono tante al giorno d’oggi, per carità. Ma alcune secondo me sono peggiori di altre. Il senso di questo post? Sfatare i miti della generazione “finte mamme”. Almeno 3, quelli fondamentali. Un tempo, fare figli era una cosa naturale, un lavoro – nel senso buono del termine – e dedicarsi a loro era una virtù; oggi è spesso una forma di competizione, un “diritto” o un desiderio alternativo nella spunta di ciò che ancora non si è fatto nella vita. Ancor peggio, a volte ci si sente in obbligo o in dovere, come se qualcuno questi figli ce li avesse appioppati con la forza. Questo è un frutto (marcio) di una generazione più femminista che femminile nella quale fare un figlio è diventato più importante che avere una famiglia, amare suo padre (il 50% di quel DNA) o garantirgli tutta l’attenzione, l’amore e la cura possibili. Dando peso alle parole, che sono importanti, diventare madri è quasi una stortura perché implica troppe responsabilità, mentre fare un figlio è un’esperienza come un’altra: se poi lo cresce qualcun altro fa lo stesso. La generazione “finte mamme” (personalmente, ne conosco tante) ha dato un grande “contributo” in questo senso in un momento storico in cui un figlio non nasce più per essere un dono per noi, ma un merito, ovvero un motivo per aspettarci qualcosa in cambio dalla vita. Ce l’aspettiamo dal lavoro, dal marito, dalla società, dai sindacati, dai diritti che pensiamo per questo di avere e dai premi che crediamo con ciò di meritare. Ma un figlio è “solo” un figlio. E’ già tanto. E’ già tutto. E’ Il Premio, è Il Lavoro, è La Società, è La Vita che continua.

Il primo mito da sfatare è che esserci occupate dei figli ci dia qualche particolare diritto aggiuntivo secondo cui poi, quando “ormai sono grandi” (a 8 anni?), ci spetta di tornare a una seconda giovinezza.

Quante volte ho sentito e sento questa frase: “Io mi sono occupata di loro tutta la vita, quindi adesso è il mio momento”. Anche “ormai sono grandi” suona alla stessa maniera e il bello è che ormai quel “sono grandi” comincia sempre prima. Qualche giorno fa l’ho sentito dire dalla mamma di un bimbo di 8 anni. Affrancarsi da qualcosa che qualcuno sembra ci abbia costrette a fare è un mito da sfatare. E’ come voler godere di un millantato credito verso la vita per il quale un figlio quasi diventa il mezzo, lo strumento, il merito, la giustificazione per mantenerlo prima e raggiungerlo poi. E’ un po’ come quelle mamme con figli che quando si lamentano di qualcosa con altre donne senza figli, fanno subito notare quella precisa differenza: “Eh, ma tu mica c’hai i figli!”. Forse no, ma magari c’ha i genitori ammalati o un fratello disabile da seguire molto più di te che lasci i figli a scuola al tempo pieno fino alle 18.00 (…sicuramente perché c’hai un sacco di panni da stirare, mica perché devi andare in piscina!). Ecco, vorrei sfatare il mito secondo cui siccome ci occupiamo dei figli per tanti anni, allora poi ci spetta qualcosa in cambio dalla vita. Men che mai ci spetta dagli uomini con cui liberamente abbiamo scelto di farli (e questo meriterà un post a parte, prima o poi). Quel siccome-allora, secondo me non esiste. Quando a dire questo della propria madre poi sono i figliè un atto criminale, un figlicidio. E’ un immeritato fardello messo sulle spalle di un figlio che, giusto per ricordarlo, non chiede MAI di venire al mondo. Considerando poi che da genitori speriamo che siano felici, farli partire co ‘sta zavorra di “poverine noi che ci siamo occupate di loro per tanto tempo” non è che proprio gli semplifichi la vita, diciamo.

Il secondo mito da sfatare è che i padri non servono. Qualcuna aggiunge anche: “…tanto fanno solo casino.”
Qui passo solo per le “questioni primarie”, perché se già non si considerano queste non serve scrivere di tutto il resto:
1) la vita nasce da un ovulo femminile e da un gamete maschile (anche la tua che leggi e non sei d’accordo con quello che scrivo);
2) ogni individuo possiede il 50% del DNA di ciascun genitore (un equipaggiamento di base indiscutibile e immutabile, anche per chi i figli – di questi tempi – li compra);
3) se ci credi veramente, prova a fare a meno di farti mantenere quando ti separi (per inciso, preferirei scrivere che non ci si dovrebbe separare). E non vale rispondere “che c’entra!” perché nemmeno questo è un merito: se è vero che tu hai cresciuto i figli (che – ricordiamolo – è una cosa naturale nel momento in cui si decide di farli) è anche vero che lui andava a lavorare perché poteste permettervi che crescessero a casa con voi (questo è un lusso, un regalo, non una cosa a cui “rimediare” con le tate). E se in realtà lui andava a giocare a calcetto tutte le sere, beh… avresti dovuto chiederti prima se volevi un padre calciatore per tuo figlio. Nelle mie conoscenze, sinceramente, non ce ne sono di persone che sono cambiate dopo: si capiva da subito che non era cosa e il risultato è che conosco un sacco di bambini i cui genitori si sono separati praticamente subito dopo averli messi al mondo, principalmente perché noi donne abbiamo smesso di fare da collante, essendo troppo spesso troppo occupate con noi stesse. Abbiamo dato via così la nostra migliore abilità, il nostro potere più grande, il dono più prezioso dopo quello di generare. Oggi poi, che c’è il divorzio breve e che la donna è ancora il presunto sesso debole, lasciarsi a spese di qualcun altro conviene molto più che faticare e lottare per far stare insieme le cose. E, in questo caso, “purtroppo” i figli non sono cose.

Il terzo mito da sfatare è che bisogna tenere i piedi in tutte le staffe, perché poi i figli crescono… e allora tu che fai?
E quando non ne avevi che facevi? Dico sempre. Anche in questo caso penso che un figlio rischi troppo spesso per noi donne di essere un modo per occupare un tempo che non ci soddisfa più, spesso con la pretesa che poi da grande ci porti un’aspirina perché noi saremo vecchi e dovremo incassare quel credito di cui sopra (vedi il primo mito). Quando ero in cinta di Samuele avevo già compiuto 40 anni e la cosa che mi dava più tenerezza di sentirmi dire, sempre dalle donne, era: “Certo! Hai fatto bene. Adesso o mai più!”. Conosco tante donne che alla mia età hanno avuto un figlio pensando solo a questo: “Adesso o mai più!”. Mi chiedo se può essere questo un motivo per avere dei figli e mi rispondo che, se il motivo è questo, è ovvio che poi si senta il bisogno di dover tenere i piedi in tutte le staffe (…se no dopo tu che fai) o di lasciare il padre quando le cose cambiano. Ma le cose cambiano sempre. Cambiano per tutti. E’ normale che cambino ed è proprio quella la prova: “Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete?” (Luca 6,32). Sono tutti buoni a stare insieme fino a quando le cose vanno bene, ma diversamente se no che amico sei?

Ne avrei almeno altri due o tre di miti da sfatare, altrettanto elementari, ma Samuele sta per svegliarsi e io la tata non ce l’ho perché mi sono concessa il lusso di occuparmene io, rinunciando a tante altre cose. Quindi, vi lascio così, col bicchiere mezzo vuoto (o mezzo pieno, vedete voi). Alle donne, mamme o meno, chiedo di riflettere intanto su questi tre. Agli uomini dico di non farsi fregare da una finta mamma (in genere è una tipa avvenente che ha superato i 35 anni, che lavora molto e che veste firmato comprando all’outlet): sicuramente vi lascerà quando vostro figlio è ancora piccolo con la scusa del calcetto per farsi mantenere e poi commentare i post di Facebook in cui si parla di quote rose, emancipazione femminile e sesso debole. Fatevi furbi: giocate a carte.

Informazioni su Giorgia Petrini

Scrivo da quando ho imparato. Ho sempre fatto l'imprenditrice, da quando sono nata. Ho vinto un sacco di premi (tutti inutili) e ho abbandonato da tempo tutti i poteri forti. Sono mamma di Samuele e moglie di suo padre Marco. Ho scritto per il Sole24Ore e oggi scrivo su www.lascuolanonesiste.blog, sul mio blog personale, poco aggiornato, su Notizie ProVita, su La Nuova Bussola Quotidiana e ...dove è utile. Ho scritto tre libri "L'Italia che innova", "Il Dio che Non Sono" e "La Scuola Non Esiste", sull'educazione parentale, in vendita da dicembre 2018 online e in tutte le librerie (su ordinazione).

Discussione

Un pensiero su “Finte mamme: qualche mito da sfatare.

  1. Grazie Giorgia per la tua analisi profonda e attenta di alcune donne che fanno parte della nostra società… Le incontro anch’io tutti i giorni… Mi dispiace però per loro perché essere “vere” madri, anche se si lavora, condividere con il marito momenti belli ma anche difficili, vederli crescere non sballottati tra una casa e l’altra ma insieme è la cosa più bella. Si è madri per tutta la vita ed è una scelta, non un sacrificio! Ti chiamo a breve… stiamo per fare 25 anni di matrimonio!

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    Pubblicato da carla mauro | 25 marzo 2016, 7:44

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